ETIMOLOGIA
Deriva dal lat. mirabilia 'cose ammirevoli' nominativo plurale sostantivato dell'aggettivo mirabile(m) 'ammirevole' attraverso un parlato *merabilia [con alterazione della quantità e del timbro della vocale della prima sillaba] a sua volta derivato del verbo mirari ‘meravigliarsi’. È formazione romanza presente in francese (merveille), occitanico (meravelha), catalano (meravella), spagnolo (maravilla) e portoghese (maravilha). Tutti i derivati (ad esempio: meravigliare, meraviglioso) sono di formazione italiana. In passato alternava con la forma toscana maraviglia ritenuta però più adatta alla prosa che alla poesia. Attestato a partire dalla fine del sec. XIII.
(M. Cortelazzo - P. Zolli, DELI, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Zanichelli, 1979; A. Nocentini, L’etimologico. Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, 2010)
STORIA DELLA PAROLA - CITAZIONI
Meraviglia è quel sentimento che si prova nel vedere, udire, conoscere una cosa straordinaria, strana o comunque inaspettata: ascoltare con m.; esclamazione di m. È vista storicamente come un aspetto importante della natura umana, essendo in particolare collegata alla curiosità e alla spinta all'esplorazione intellettuale.
Nella prima edizione del Vocabolario della Crusca (1612) è così definita:
MARAVIGLIA O MERAVIGLIA
Definiz: Commozion d'animo, che rende attonito, nascente da novità, o da cosa rara. Lat. admiratio, mirum.
Esempio: E Bocc. nov. 40. 17. Il quale quivi vedendosi, quasi di se, per maraviglia uscito.
Esempio: Tes. Br. 3. 2. E corre sì forte, che è una maraviglia.
Esempio: Dan. Par. 10. E se le fantasie nostre son basse A tanta altezza, non è maraviglia.
Esempio: E Dan. Purg. 28. Per maraviglia tutto altro pensare.
Esempio: Petr. Son. 303. Pieno di maraviglia, e di pietate.
Esempio: Bocc. n. 26. 18. Non maraviglia, che stanotte tu non mi t'appressasti [cioè da farne maraviglia, o maravigliarsi]
A partire dalla terza edizione del Vocabolario (1691) vengono aggiunte due accezioni:
Definiz: §. Maraviglia: Erba colle foglie di diversi colori.
Esempio: Dav. Colt. Di Marzo semina zucche, ec. sciamiti, maraviglie, vivuole, ec.
Definiz: §. Far le maraviglie d'una cosa: Eccedere in lodarla, o stimarla.
Esempio: Tac. Dav. Lat. mirari demirari. Facemmo le maraviglie di quella liberalità di Vespasiano.
Si contano 75 occorrenze del termine nelle cinque edizioni del Vocabolario.
(www.lessicografia.it/ - www.treccani.it/vocabolario/meraviglia/)
È termine squisitamente leopardiano, ampiamente usato nello Zibaldone e nelle altre opere. Esso torna in accoppiata con 'desiderio' e 'distrazione' specie nella definizione della teoria del piacere. Leopardi prevede due forme di distrazione diverse dalla soddisfazione del desiderio particolare: l’occupazione e la meraviglia. Pur coincidendo entrambe con l’idea del piacere, in quanto sospensive del vuoto aperto dal desiderio, esse funzionano in modo profondamente diverso. La meraviglia riempie il tempo interiore che intercorre tra l’ottenimento di un piacere e l’avvertimento del vuoto determinato dall’incalzare del desiderio successivo, configurandosi come «riposo dal desiderio», sua temporanea cessazione. Essa interrompe il passaggio dall’istinto alla volizione, dall’amor proprio al desiderio, spezzando la continuità della successione degli atti di desiderio, al fine di evitare il senso di vuoto che segue alla soddisfazione di ognuno di essi. Il meraviglioso, lo straordinario è piacevole, quantunque la sua qualità particolare non appartenga a nessuna classe delle cose piacevoli.
(tratto, con ad., da F.Cacciapuoti (a cura di), Zibaldone di pensieri, Donzelli 2014)
«3. il maraviglioso, lo straordinario è piacevole, quantunque la sua qualità particolare non appartenga a nessuna classe delle cose piacevoli. L’anima prova sempre piacere quando è piena (purché non sia di dolore), e la distrazione viva ed intera è un piacere rispetto a lei assolutamente, come il riposo dalla fatica è piacere, perché una tal distrazione è riposo dal desiderio. E come è piacevole lo stupore cagionato dall’oppio (anche relativamente alla dimenticanza dei mali positivi), così quello cagionato dalla maraviglia, dalla novità, e dalla singolarità. Quando anche la maraviglia non sia tanta che riempia l’anima, se non altro l’occupa sempre fortemente, ed è piacevole per questa parte. Notate che la natura aveva voluto che la maraviglia 1. fosse cosa ordinarissima all’uomo, 2. fosse spessissimo intera, cioè capace di riempier tutta l’anima. Così accade ne’ fanciulli, e accadeva ne’ primitivi, e ora negl’ignoranti, ma non può accadere senza l’ignoranza, e l’ignoranza d’oggi non può mai esser come quella dell’uomo che non vive in società, perché vivendo in società, [174] l’esperienza de’ passati e de’ presenti l’istruisce, più o meno, ma sempre l’istruisce, e la novità diventa rara.»
(Zib. [173])
«Una cagione del piacere che produce la semplicità nelle opere d’arte, o di scrittura, o in tutto ciò che spetta al bello; cagione universale, e indipendente dall’assuefazione quanto al totale dell’effetto, ed inerente alla natura del bello semplice; si è il contrasto fra l’artefatto e l’inartefatto, o la perfetta apparenza dell’inartefatto.[…]Contrasto il quale produce la meraviglia che sempre deriva dallo straordinario,[1916] e dall’unione di cose o qualità che paiono incompatibili ec. Siccom’è il ricercato colla sembianza del non ricercato. Sottilissime, minutissime, sfuggevolissime sono le cause e la natura de’ più grandi piaceri umani. E la maggior parte di essi si trova in ultima analisi derivare da quello che non è ordinario, e da ciò appunto, ch’esso non è ordinario. ec. (14. Ott. 1821.). La maraviglia principal fonte di piacere nelle arti belle, poesia, ec. da che cosa deriva, ed a qual teoria spetta, se non a quella dello straordinario?»
(Zib. [1915])
«Or quello interesse ch’è tutto nel cuore, o dove il cuore ha parte, o è amore o specie di amore. Non può dunque il poeta render molto interessante colui ch’e’ non sa o non si propone di rendere amabile. È proprio della poesia il destar la meraviglia e pascerla. Ma oltre che questa passione (3601) non può esser molto durevole, e quando pure lo fosse, il maraviglioso, s’altro non l’accompagna, presto sazia; l’interesse che può concepirsi per una persona solamente ammirabile non può esser che debolissimo. Si può dir di questo interesse appresso a poco quel medesimo che abbiam detto dell’interesse prodotto e sostentato dalla curiosità (il quale può anche esser piú durevole di quello, perché la curiosità può durar molto piú della meraviglia, la quale spesso, e ne’ poemi forse sempre, si è obbietto della curiosità, ch’è specie di desiderio, e l’obbietto conseguito per poco spazio diletta).»
(Zib. [3601])
Il termine, in funzione aggettivale, torna anche nella riflessione linguistica di Leopardi a proposito della forma ed origine della lingua cinese:
«La meravigliosa e strana immobilità e immutabilità della nazione Chinese, dev’essere derivata certo in grandissima parte, e derivare dal non aver essi alfabeto né lettere, ma caratteri esprimenti le cose e le idee, cioè un dato numero di caratteri elementari e principali rappresentanti le principali idee, i quali si chiamano chiavi, e sono nel sistema di alcuni dotti Chinesi 214, in altri sistemi molto più, in altri molto meno, ma il sistema delle 214 è più comune e il più seguito da’ letterati chinesi nella compilazione de’ loro dizionarii. I quali caratteri elementari o chiavi diversamente combinati fra loro (come ponendo sopra la chiave che rappresenta i campi, l’abbreviatura di quella che rappresenta le piante, si fa il segno o carattere che significa o rappresenta primizia dell’erbe e delle messi; e ponendo questo medesimo carattere sotto la chiave che rappresenta gli edifizi, si fa il carattere che significa tempio, cioè luogo dove si offrono le primizie) servono ad esprimere o rappresentare le altre idee: essendo però le dette combinazioni convenute, e gramaticali, come lo sono le chiavi elementari; altrimenti non s’intenderebbero. Nel qual modo e senso un buon dizionario chinese dovrebbe contenere 35.000caratteri come ne contiene il Tching-tseu-toung, uno de’ migliori Dizionari che hanno i chinesi. La quale scrittura in somma appresso a poco è la stessa che la ieroglifica…»
(Zib. [942-943])
SIGNIFICATO SINCRONICO
La meraviglia è il sentimento di stupore e sorpresa suscitato da una cosa o da una situazione nuova, straordinaria o inattesa.
È vista storicamente come un aspetto importante della natura umana, essendo in particolare collegata alla curiosità e alla spinta all'esplorazione intellettuale.
Per i filosofi è il senso di stupore e d'inquietudine sperimentata dall'essere umano quando, soddisfatte le immediate necessità materiali, comincia a interrogarsi sulla sua esistenza e sul suo rapporto con il mondo.
La meraviglia è per lo più associata a una sensazione o scoperta positiva.
È termine che ha generato varie espressioni sinonimiche: farsi meraviglia (di qualcosa); riempire di meraviglia, meravigliare, stupire.
▲ Locuz. prep.: fig., iperb.,a meraviglia [nel migliore dei modi: tutto va a m.] ≈ a gonfie vele, alla perfezione, benissimo, ottimamente, perfettamente. ↔ a rotoli, malissimo.
2.(estens.) a. [persona, cosa, situazione e sim. che desta grande ammirazione per la sua bellezza o altre qualità: il bambino è una m.; una m. di casa] ≈ amore, bellezza, delizia, incanto, splendore. ↑ fenomeno, portento. ↔ mostro, orrore, oscenità. Espressioni: che è una meraviglia [con funzione avverbiale, in modo magnifico, eccellente: il ragazzo cresce che è una m.] ≈ benissimo, magnificamente, meravigliosamente, splendidamente. ↔ malamente, malissimo, orribilmente.
b. [al plur., parole che esprimono grande apprezzamento] ≈ complimenti, lodi, mirabilia ↔ critiche. Espressioni: dire meraviglie (di qualcuno o qualcosa) ≈ elogiare (ø), esaltare (ø), lodare (ø), parlare bene. ↔ dire male, parlare male, sparlare.
3.(region.) [pianta erbacea delle nictaginacee, con fiori che si aprono la notte] ≈ bella di notte
(www.treccani.it/vocabolario/meraviglia)